Tracce di Sentiero

Tracce di Sentiero
Nuove avventure...
Visualizzazione post con etichetta Film - DVD. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Film - DVD. Mostra tutti i post

mercoledì 6 agosto 2008

Cervino Cinemountain



Vince 11° festival CineMountain la pellicola di Gilles Chappaz e Raphael Lassablière "Berhault".

http://www.montagna.tv/?q=node/8261

Un elogio al grande alpinista e uomo, quale era Patrick Berhault, soprattutto il lato umano, la sua indole buona e la sue regole sia sportive che nella vita, e la sua umiltà.
Ricordo di averlo conosciuto, assistendo ad una sua conferenza, queste doti tanto elogiate da tutti trasparivano solo nel vederlo e sentendolo parlare.
Con quel suo parlare italo francese riusciva a trasmettere tranquillità e serenità, mentre raccontava le sue straordinarie imprese.
Il tutto grazie alle testimonianze di Patrick Edlinger, suo grande amico e tra i più grandi esponenti dell’arrampicata moderna, e alle innumerevoli testimonianze delle interviste di Berhault.
Sono proprio contento che la sua figura venga nuovamente riproposta, anche se sono convinto che sia restato nei cuori di tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.

Patrck Berhault...

Questo scrivevo il giorno dopo la sua scomparsa, il 29 aprile 2004...

Stamattina apro con una notizia giuntami ieri sera verso la 22.00...
è morto Patrick Berhault. un grandissimo alpinista, una guida alpina Francese di Chamonix...
un personaggio che avevo conosciuto dal vivo, per cui la notizia mi ha lasciato abbastanza sconvolto, perchè lo conoscevo, sapevo come operava e la sua figura di guida alpina, piccola ma estremamente sicura era sintomo di persona affidabile, ricordo l'ultima volta che l'avevo visto, era alla presentazione del suo periplo dell'arco alpino 2000-2001 a marzo del 2002, era salito sul palco con il suo zaino, piccolo di statura, aveva appunto evidenziato alcuni passaggi gli erano restati difficili appunto per la sua altezza, che non arrivava a prendere gli appigli naturali che i passaggi chiave richiedevano...
Mi avevano colpito le sue gambe leggermente storte, ma di una potenza estrema, viste le dimensioni.
Era subito entrato nella simpatia del pubblico che stava ad ascoltare, con quel suo Italiano-francese aveva raccontato tutto il viaggio alpino e commentato il film che aveva prodotto durante i mesi di arrampicata, passando da una vetta all'altra.
Era Buono, a lui non interessava la conquista del primato della vetta, cercava la sfida con se stesso, con la montagna e lo faceva nel rispetto delle sue regole e non disdegnava di arrampicare o andare in montagna con nessuno, era amichevole e cordiale con tutti, tanto è vero che all'impresa del viaggio alpino hanno collaborato tantissime persone, anche non famose e non della sua cerchia di amici, gente comune che per solidarietà e amicizia lo accompagnava alla base delle pareti, o saliva un pezzo con lui.
Il mondo perde una persona eccezionale, era anche definito il "PROFESSORE", in quanto insegnava ai corsi nazionali delle Guide Apine Francesi.
Mi dispiace tanto, soprattutto ora che stavo per riprendere la mia grande passione per le vette, continuerò a fare quello che ho sempre fatto, ma con un mattoncino in più sul cuore...
... l'unica consolazione amara è che come altri amici ha lasciato la vita dove ha sempre vissuto, tra le vette e la montagna ha voluto portarselo via, per sempre.

La sua fine è stata paragonata a quella del Mitico Hermann Buhl che per una fatale casualità (o no...) è avvenuta lo stesso anno in cui Patrick Berhault è nato nel 1957....

vi lascio il suo necrologio con le fasi finali della sua ultima salita...

Il celebre alpinista francese, protagonista del periplo alpino tra il 2000 e il 2001, è scivolato da un lastrone sul Taeschhorn, in Svizzera
ZERMATT (Svi), 29 aprile 2004 - Tra i colleghi e gli amici della rinomata scuola di alpinismo di Chamonix, Patrick Berhault andava celebre per la prudenza. Per l'attenzione meticolosa che metteva in ogni sua mossa in montagna fin dall'inizio della carriera, quando era ancora ragazzino e con l'amico d'infanzia Patrick Edlinger aveva tentato le prime ascensioni in Slovenia. Da escludere insomma che possa essere stato qualcosa di diverso da una imponderabile fatalità l'origine della tragica caduta di ieri mattina, mentre con l'amico Philippe Magnin era ormai a pochi metri dalla cima del Taeschhorn (4491 m.), nel cantone Vallese, in Svizzera. Una caduta di oltre 600 metri che ne ha causato il decesso, constatato dai medici dell'elisoccorso durante il trasporto nell'ospedale di Zermatt.
Quella del Taeschhorn era la cima numero sessantasei nella lista di un'impresa che da marzo aveva completamete coinvolto Berhault e Magnin. I due si erano prefissati di scalare tutti le 82 cime alpine sopra i 4000 metri. Ieri mattina si erano già lasciati alle spalle la cima Mischabeljosh Bivouac a 3.851 metri d'altezza, e dopo tre chilometri di
cammino, attorno alle 11.20 erano saliti fino a quota 4100, con l'intento di raggiungere il Taeschhorn, quindi il Dom (4545), il Lenzspitze (4294) e il Nadelhorn (4327). Un cammino in quel tratto facile, lungo un sentiero, nulla di nemmeno apparentemente pericoloso. Tanto che nemmeno due esperti come loro, nonostante la scarsa visibilità, hanno ritenuto necessario indossare le imbragature. Camminavano lungo le pareti della montagna, tranquilli, quando il terreno ha cominciato a cedere. Il lastrone sul quale era Berhault si è staccato, trascinando l'alpinista per oltre 600 metri, fino a quota 3800. Dove è stato pietosamente raccolto dai militi del soccorso alpino.
Piccolo di statura, sempre sorridente e amichevole, Berhault era ben voluto da tutti. Innumerevoli le sue scalate e le vie aperte in tutto il mondo, in Himalaya, sulle Ande, e perfino in Africa. Anche se, come racconta Jean-Michel Asselin, giornalista della rivista d'alpinismo francese, 'Glenat Presse': "Amava tutte le montagne del mondo, ma le Alpi sono sempre state il suo giardino. Le ha attraversate in lungo e in largo". E proprio il periplo dell'arco alpino compiuto tra l'agosto del 2000 e il febbraio 2001 è stata l'impresa che lo ha fatto conoscere in tutto il mondo. In quell'occasione, in compagnia ogni volta di alpinisti diversi, ha scalato 22 vette, partendo dalla Slovenia e arrivando a Mentone, in Francia.
Un'altra sua impresa memorabile è stata quella del febbraio dello scorso anno, quando, con il solito Philippe Magnin, facendo base sul versante italiano, a quota 3850 m., in 9 giorni ha scalato le otto più belle vie ghiacciate del Monte Bianco ad una temperatura media di -25°.

Particolari se vi interessa approfondire:
http://www.gazzetta.it/primi_piani/altri_sport/2004/pp_1.0.364037757.shtml

venerdì 11 luglio 2008

Into the wild, dentro se stessi...


Un film tratto da una storia vera, accaduta tra il 1990 e il 1992.
Ci sono persone che sono strette nel loro ruolo, soggiogate dal volere della famiglia, e appena possono fuggire vivere la propria vita lo fanno senza esitare, anche se questo potrebbe portarli verso un tragico destino.

Partito da casa il protagonista il neo-laureato Christopher McCandless donati i suoi risparmi in beneficienza, attraversa l'America senz aun soldo in tasca in cerca di qualcosa... finchè scopre di voler arrivare in Alaska, dove pensa di poter vivere completamente a contatto con la natura, completando così il suo sogno e ricerca del modo per essere felici pienamente.
Into the wild, abbandonato tutto, compreso il suo nome vero, senza amici ne compagni, da solo si incammina in questa immensa avventura in Alaska, senza null'altro che qualche provvista e qualche vestito per il rigido inverno, solo con la propria esperienza, e ne servirà tanta per sopravvivere al lungo e rigido inverno del nord.
Una lotta giornaliera con se stessi, per vincere la paura, i pericoli che in una terra come questa si presentano continuamente.
Nonostante tutto però una voglia di mettersi continuamente in gioco, di cercare di destreggiarsi ed imparare sulla propria pelle la vita selvaggia, "per vivere qui occorre essere molto simili a pietre...", quasi insensibili, la dura legge della foresta, che ti porta ad essere forte per mangiare e sopravvivere.

Un'esperienza di vita volta all'essenzialità per le esigenze, alla vita selvaggia, secondo le regole della foresta, cacciare per mangiare, purtroppo senza pietà.
In loghi come quelli, le provviste per l'inverno occorre farle per tempo, avere la fortuna di riuscire a trovarle, e poi è già sufficientemente difficile riuscire a sopravvivere...
Forse qualche nozione al nostro giovane esploratore mancava, qualcosa è andato storto, piccole o grandi sogni di vita che nella realtà si sono rivelate diverse.
il suo sogno in Alaska è durato circa 2 mesi, poi per cause non bene precisate è deceduto per fame o per avvelenamento da cibo.
Molto suggestivo il messaggio che traspare dal racconto e dal finale.

Vi è un incanto nei boschi senza sentiero
Vi è un'estasi sulla spiaggia solitaria
Vi è un asilo dove nessun importuno penetra
In riva all'acque del mare profondo
E vi è un'armonia nel frangersi delle onde
Non amo meno gli uomini ma più la natura
Lord Byron
È innegabile… la vita nomade ci ha sempre entusiasmato.
Nella nostra mente è associata alla fuga dalla storia e dall'oppressione,
dalla legge e da noiose costrizioni, alla libertà assoluta.
E quella strada ha sempre portato verso ovest.
Wallace Stegner

E ora, dopo due anni di vagabondaggi, arriva l'ultima avventura, la più grande.
La battaglia finale per uccidere il falso sé interiore e concludere trionfalmente la rivoluzione spirituale.
Alexander Supertramp

INTO THE WILD (Nelle terre selvagge)
REGIA Sean Penn CAST Emile Hirsch, Marcia Gay Harden, William Hurt, Jena Malone, Brian Dierker, Catherine Keener, Vince Vaughn, Kristen Stewart, Hal Holbrook

martedì 12 febbraio 2008

La marcia dei Pinguini (Luc Jacquet)

Ennesimo capolavoro di Luc Jacquet, dopo MIcrocosmo e il popolo migratore il regista si è cimentato nel racconto della vita dei pinguini, il miracolo che compiono ogni anno per dare alla luce i loro piccoli...

Anche questa volta le riprese sul campo devono essere state lunghe ed estenuanti, visto che l'abitat del pinguino è piuttosto freddino, nel caso specifico il pinguino imperatore, il più grande dei pinguini è solo il POLO SUD.

L'invewrno al polo sud raggiunge temperature traordinariamente basse... -60 gradi centigradi .tanto per gradire... alla Base Scott sono statiraggiunti qualche anno fa, i -89,6 Gradi...

Bene, torniamo al film, al documentario più che altro, una storia, raccontata dagli stessi protagonisti, vestiti da pinguini in carne e ossa... che senza orologio, nè altri marchingegni ad un certo punto dell'anno dalla costa sull'oceano, dove il pesce ed il cibo abbonda si spostano verso l'interno, e cammina cammina... stricia, rotola, scivola per ventigiorni... si uniscono tutti in un luogo protetto dalle alte montagne intorno... dove i predatori abituali dei pinguini non arrivano solitamente.

Qui, inizia il ciclo della vita, i pinguini maschi, in minoranza corteggiano le femmine, che per poter diventare madri ed accaparrarsi un maschio se lo contendono anche con combattimenti, ed il maschio attende... (mica stupido!!!)

Dopo la fase di scelta, c'è la fase del corteggiamento...

L'accoppiamento vero e proprio...

a cui segue un periodo di gestazione, ed infine le femmine fecondate depositano un uovo...

Conseiderate che la temperatura anche se fa caldo è sempre intorno ai -40 gradi centigradi, per cui non è che possono depositarlo e poi guardarlo... occorre proteggerlo dal freddo, e così la femmina una volta deposto l'uovo lo fa salire sulle zampe e lo tiene al caldo, poi... in preda alla famen e agli stenti, visto che sono 3 mesi che non mangia... passa l'uovo sulle zampe del maschio che lo terrà in caldo fino al nuovo arrivo della femmina... circa 2 mesi dopo... naturamente senza mangiare.
La femmina ripercorre la strada inversa fino all'oceano, per rifornirsi e riprendere le forze.
Il maschio attende con l'uovo sulle zampe che si schiuda e che la sua compagna torni...

Intanto l'inverno si avvicina... ed il freddo con le bufere con lui...
Finalmente i piccoli nascono, ma sono indifesi contro tutto in primis contro il freddo... non hanno ancora sufficiente strato protettivo per poter scorrazzare fuori dal caldo ventre del padre, per cui soggiorna al caldo facendo spuntare solo la testa...
Ma la fame lo attanaglia e li di cibo a quelle temperature non se ne parla neppure... il maschio rigurgita qualcosa rimasto nello stomaco (sono passati 4 mesi dall'ultima volta che ha mangiato!!! dove tiene le riserve?) e lo notre per quanto possibile...

A breve dovrebbe tornare la mamma pensa... SPERA più che altro...

Qualche piccolo non ce la fa.

Le femmine dopo essersi rinfocillat eper bene ripercoorono la strada iniziale e raggiungono il gruppo ormai cresciuto di numero, e prendono in consegna il piccolo, se ancora vivo.
(incredibile, lo riconoscono nel marasma di migliaia di pinguini che pigolano!!!)
Inizia la "MARCIA DEI DISPERATI" i maschi dopo quasi 5 mensi senza mangiare cercano di ripercorrere i 20 giorni di viaggio che li separano dall'ocano unica fonte di cibo ormai anche lui sotto uno spesso strato di ghiaccio.

Tanti pinguini periscono nel viaggio.

Fortunatamente tanti ce la fanno, mangiano e ritornano dalla femmina e dalla prole...

Li ritrovano, poi appena i piccoli sono autosufficienti, la stagione è cambiata, ormai è primavera, l'inverno è finito e si può tornare sulla costa a giocare e pescare felici per qualche mese... poi tutto ricomincerà da capo...
VITA DA PINGUINI... con le loro zampette corte percorrono 4 volte il tragitto per donare la vita... sempre nello stesso posto, dall'inizio dei tempi... probabilment efino alla fine dei tempi....
Buon Viaggio...

La morte sospesa - Touching the void (Kevin Macdonald)

Film tratto dalla storia vera di " Joe Simson, appunto "La morte sospesa" edito dalla Vivalda Editore.
Il libro Libro in questione è un best-sellers che ha vinto il Boardman Tasken Price 1988, il NCR Book Award for Non Fiction, il Literaturpreis des Deutschen Alpenvereins 1990.

Una breve presentazione di uno dei protagonisti, l'autore del libro.

Joe Simson, è un alpinista Inglese le cui vicende sono diventate famose sia per la sua bravura, che per le sue disgrazie, dalle quali ne è uscito fuori sia per fortuna che per la costanza di non arrendersi neanche di fronte alle situazioni più deludenti.
Nato nel 1960, , laureato in Lettere e Filosofia all'Università di Edimburgo, si è sempre dedicato all'alpinismo, lasciando un pochino da parte la sua laurea, viveva molto tempo a Chamonix per poter arrampica sul Monte Bianco, dove una volta in modo molto fortuito, fu vittima di una valanga, che lo trasporto a valle per diverse centinaia di metri, ma il cosa volle che durante la caduta la massa di neve lo ha sballottato dappertutto, ma quando si è placata la sua forza joe era vicino alla superficie e ci mise poco a uscire dalla massa soffocante.
Dopo quell'incidente e molti altri, di minore importanza…. una volta restò appeso alla parete con un compagno, durante la notte perse uno scarpone sulla cengia dove si erano fermati a dormire, e dovette intervenire il soccorso Alpino di Chamonix per recuperarli…
La sua fama internazionale credo la raggiunse nel Giugno 1985, quando con Simon Yates organizzarono una spedizione sulle Ande peruviane e cercarono con successo di raggiungere la vetta del Siula Grande (6536) per la parete Ovest, una parete inviolata.

E qui inizia la storia…
Il film narra appunto di questa memorabile, quanto tragica salita e discesa dalla grande montagna.
Gli interpreti principali sono due bramissi attori alpinisti che si sostituiscono ai veri protagonisti che narrano e commentano con voce fuori campo in modo quasi da documentario le varie fasi della vicenda.

Gli interpreti di questo film-documentario sono gli stessi Joe Simpson, Simon Yates, e Nicholas Aaron, Brendan Mackey, che interpretano i due sul set.

Tutto filò liscio finchè durante la discesa dal versante opposto successe l'imprevedibile Joe Simpson per una manovra affrettata e brusca si ruppe una gamba, in seguito all'instabilità della stessa, cadde dalla montagna, i due restarono attaccati e Joe penzolava nel vuoto con tutto il suo peso… il suo compagno dopo aver lottato strenuamente per recuperarlo, stava scivolando nel baratro insieme a lui e fece la cosa più corretta in quei casi…. TAGLIò la corda e vide sparire il suo Amico giù per un profondo crepaccio…. Simon non si dava pace, ma era l'unica cosa che avesse potuto fare… era disperato.
Tutto il giorno e il giorno successivo lo cercò, cercando di capire se potesse essere ancora vivo, ferito, ma ancora vivo… nessuna risposta.
Il crepaccio era troppo fondo perché i due si potessero sentire.
Nel frattempo Joe era caduto su un ponte di ghiaccio ed era anch'egli disperato per la situazione, si trovava ferito in modo grave per le due cadute, una gamba rotta malamente, su un ponte di ghiaccio, lontano da ogni essere vivente che potesse sentirlo, su una montagna che avevano scalato loro per primi, per cui nessuno avrebbe potuto aiutarli… con il suo compagno che lo stava cercando inutilmente, i due si chiamavano ripetutamente senza successo, avrebbe dovuto farcela con le sue sole forze… arrivò alla disperazione di lanciarsi dal ponte di ghiaccio nel buio del crepaccio, per trovare la morte… ma non era la sua ora e atterrò sul fondo dello stesso.
Si trascinò sul fondo del crepaccio… era l'unica cosa che potesse fare, cercando una via di uscita…fuori dal crepaccio, che fortunatamente terminava quasi pianeggiante e riuscì ad uscire all'aria aperta.
Ok era fuori, ma si trovava ancora in cima ad una montagna che nessuno conosceva, e soprattutto nessuno sapeva che era li.
Lo sconforto lo avvolse, ma con la sua forza di volontà riuscì metro dopo metro, crepaccio dopo crepaccio ad avanzare lentamente, strisciando, l'unico aiuto erano le sue piccozze che usava come attrezzi per trainarsi.
La sua situazione si faceva sempre più grave… ed era grave veramente, erano 3 giorni che non assumeva nessun liquido, ed era tremendamente disidratato.
Arrivò ad un rigagnolo d'acqua dopo infinite peripezie, dopo aver lasciato lo zaino e le piccozze lungo il cammino arrivò arrancando a bere… erano passati già 4 giorni di cui 2 notti al gelo dei 6000 metri… un nuovo terrore assalì Joe, tutti lo credevano morto in fondo al crepaccio, nessuno sarebbe venuto a cercarlo e la spedizione era alla fine la vetta era stata conquistata… a caro prezzo, e giù al campo base non avrebbero atteso che lui tornasse, sarebbero scesi dalla montagna a momenti, ma senza perdersi d'animo cercò di recuperare le forze e scese ancora… non era distante, ma la sua distanza era enorme, visto che non deambulava, strisciava come un vermicello e per di più era gravemente ferito alla gamba, che ormai era diventata un tubo informe della stessa dimensione dalla caviglia alla coscia era tutta larga uguale… e per di più non aveva neanche una piccozza, un bastone per aiutarsi.
Al campo Simon e il terzo della spedizione ormai disperati per la perdita di Joe avevano bruciato i suoi vestiti per avere meno materiale da portare via e si stavano accingendo a scendere dalla montagna.
La notte successiva, Joe strisciando si accorse dell'odore acre che aveva la terra in quel punto, si rese conto che quello su cui stava arrancando era un terreno cosparso di escrementi, la latrina del campo, questa disgustosa gioia lo pervase e si mise ad urlare talmente forte che coprì iil vento che si stava preparando ad una bufera… i suoi compagni increduli di quello che stavano sentendo uscirono con la torcia e lo trovarono.
Festeggiamenti, lacrime, spiegazioni, scuse andarono avanti per tutta la notte, la sua disidratazione apparve grave immediatamente, lo rincuorarono con the caldo e il giorno seguente scesero dalla montagna con i portatori che rano venuti a recuperarli e gli animali da soma.
Joe venne ricoverato in ospedale il prima possibile dove gli curarono la gambe e soprattutto il suo stato di disidratazione.

Dopo questa tremenda avventura, che gli costò ben sei interventi chirurgici e contrariamente alle previsioni dei medici, ha ripreso l'attività in montagna ed ha ancora partecipato a spedizioni extra-europee.


Film interpretato molto bene, realistico, con scene mozzafiato.
I due interpreti oltre ad essere bravissimi alpinisti intepretano i personaggi in modo egregio.
Sotto l'atenta supervisione dei veri protagonisti il film ha preso corpo e ha ottenuto un'ottimo risultato.

Scheda tecnica del film:
(Informazioni dei cenni cinematografico della pellicola prese dal sito di FILMUP.com)

La morte sospesa - Touching the void
Prodotto nel Regno Unito nel 2003, e proposto al cinema a partire dal 18 Marzo 2005
La durata complessiva della proiezione è di 106 minuti,
Regia: Kevin Macdonald
Cast: Joe Simpson, Simon Yates, Nicholas Aaron, Brendan Mackey,
Sito ufficiale: www.ifcfilms.com/touchingthevoid Produzione: John Smithson
Distribuzione: Fandango

Il film ha vinto il premio come miglior film inglese ai Bafta e al 52° Film Festival Internazionale città di Trento.
Il film è stato girato sulla Siula Grande in Perù e sulle Alpi. Kevin MacDonald, il regista, nel 2000 ha ottenuto il premio Oscar con il documentario "One day in September".
Un film decisamente da vedere, per appassionati di montagna e non; sicuramente un inno a non mollare mai, anche quando tutte le cose sembrano contro di voi, e sembra tutto finito.
C'è sempre un filo di speranza…

Il popolo migratore (Jacques Perrin)

all'epoca quando nella serata dedicata ai film di culto o di secondaria importanza, vidi questo titolo, che ricercavo da molto tempo, mi precipitai emozioanto a vederlo.
Le lunghe riprese durate quasi 2 anni avevano reso questo film quasi dimenticato, ne avevo sentito parlare mentre lo stavano girando, ma poi ne avevo perso le tracce... ma eccolo riapparire completo in tutto il suo splendore.
Devo dire che ero digiuno avevo una vaga idea di quello che sarei andato a vedere, ma non sapevo bene cosa mi aspettasse, sapevo solo che dovevo vederlo.

Contornato da una colonna sonora bellissima firmata da Jacques Perrin, il popolo migratore è un film documentario che descrive le migrazioni degli uccelli verso la calda Africa e verso i poli dove il freddo è talmente intenso che fa rabbrividire vedere quegli esserini rannicchiarsi con il collo dentro il corpo, per sentire un pochino di calore.
Poco parlato, tante scene prese in volo, di fianco agli uccelli stessi, ripresi da molto vicino.
Da tutto questo ne scaturisce un quadro che strabilia, ci sono uccelli anche di piccole dimensioni, anzi in prevalenza minore è la loro dimensione, maggiore è la distanza percorsa per la migrazione che arriva e supera i 20.000 km.
Incredibile.
Per poi ritornare la stagione successiva nello stesso luogo da cui sono partiti.
Film/documentario emozionante direi per tutti, sia per gli amanti degli uccelli e non; è un film che ti prende nel profondo dei sentimenti e ti scuote come un canovaccio al vento.
Inutile dire come sono uscito dalla sala cinematografica… volavo…
Se vi capita guardatelo, ascoltatelo, lasciatevi trasportare sulle ali delle anatre che vi accompagnano nel blu del cielo azzurro e vi indicano la rotta da seguire…


Il popolo migratore

Titolo originale: Le Peuple migrateur
Nazione: Francia/Italia/Germania/Spagna/Svizzera
Anno: 2001
Genere: Documentario
Durata: 92'
Regia: Jacques Perrin
Sito ufficiale: www.peuplemigrateur.com
Produzione: Bac Films, Centre National de la Cinématographie, Eyescreen S.r.l.
Distribuzione: Lucky Red

k2- il sogno, l'incubo

Ieri sera, 16 Ottobre 2007 in tardissima serata, inizio ore 23,45 su Rai due è andata in onda in forma sperimentale come a loro piace dire la seconda puntata del film/documentario condotto da Marco Mazzocchi sulla spedizione di "K2 freedom 2007" a cui lo stesso Mazzocchi ha partecipato salendo con non pochisforzi fino ai 5100 metri del campo base.
La prima puntata era andata in onda martedì scorso 9 Ottobre sempre alla stessa ora.
Il documentario, racconta, ma forse più che racconta testimonia l'impresa di questi ragazzi che si cimentano con la piramide perfetta.

Alla spedizione autonoma hanno partecipato installando i campi avanzati e salendo sulla montagna gli alpinisti di Mountain Freedom
Mario Vielmo di Vicenza, Stefano Zavka di Terni e Michele Fait di Rovereto, guidati dall'himalaysta laziale Daniele Nardi.

Sono restato molto toccato da questo documento, anches e ero consapevole di quello che i 4 italiani stavano facendo insieme alle altre decine di persone che in quel periodo, l'unico periodo dell'anno favorevole per poter effettuare l'ascesa con qualche speranza in più...

Vi racconto brevemente la storia, poi alla fine farò le mie considerazioni in merito alla trasmissione, all'eco che stamattina ho potuto constatare su alcuni siti internet, con i commenti delle persone che a torto o a ragione hanno visionato, oppure no il documentario, lasciando i più svariati ed sarcastici messaggi.

Presentazione, anche se non ne avrebbe bisogno…
K2, la seconda vetta della terra, si erge per 8611 metri oltre il livello del mare, un colosso di roccia e ghiaccio, verticale; una delle più difficili e impegnative vette imalajane.
Alcuni la definisco la più difficile, perché oltre all'altitudine di per sé già molto ostica, si aggiungono il livello tecnico della salita e l'imprevedibilità del tempo atmosferico che dato il grande grado di difficoltà a volte ti costringe a restare in parete per un periodi maggiore del necessario.

La storia è sempre la stessa, anche se i protagonisti a turno ruotano… arrivo a Islamabad, e salita per le polverose strade, con mezzi di fortuna, fin dove la meccanica permette di arrivare, poi assumendo portatori del luogo si percorre la ancora lunga strada verso le alte valli, passando tra fiumi in piena, sentieri ponti traballanti e arrampicandosi come capre passo dopo passo si guadagna quota.
I malesseri aumentano con l'aumentare della quota, dissenteria, nausea vomito, diarrea continue, non ti permettono di dormire la notte e di debilitano di giorno.
Si cammina dalle otto alle 12 ore al giorno, con carichi da 30/40 Kg sulle spalle, e oltre i 3000 il respiro si fa corto e affannoso, MANCA L'ARIA!!!

Finalmente dopo un'infinità di fatiche si arriva la campo base, 5100 metri.
Mazzocchi è arrivato, per il resto del gruppo i giorni precedenti l'arrivo era solo una passeggiata, per loro adesso comincia la vera salita; ben più faticosa e difficile.

Diminuiscono i pesi, ma la mancanza d'aria e i pericoli sempre incombenti rendono il gioco molto pericoloso.

Giorno dopo giorno si acclimatano alla quota, per far si che l'organismo si abitui e lavori anche in presenza di pochissimo ossigeno, e più si sale, più l'ossigeno si fa rarefatto…
Considerante che a 8000 metri è presente circa il 30% dell'ossigeno presente al livello del mare.

Al campo base sono presenti altre decine di alpinisti, di ogni nazione, con spedizioni nazionali e centinai a di portatori o da soli organizzati in piccoli gruppi.

Il periodo è quello di Giugno/Luglio unica finestra in cui il tempo è un pochino meno instabile e permette la possibilità di poter disporre di una serie di giornate senza perturbazioni (sempre a livello statistico… la realtà è ben diversa e soprattutto le previsioni meteo non sempre sono precise…)

Occorre organizzare i campi avanzati, montare le corde fisse per poter salire più agevolmente, per diminuire il rischio di cadute, sia in salita, ma soprattutto in discesa…
Per diminuire i tempi occorre unire le forze, quindi vengono formate squadre internazionali per il traposto e il montaggio dei cmapi avanzati….
Poi si attende che il tempo atmosferico sia clemente e conceda qualche giorno di tragua….
Non sempre avviene… quindi o si rinuncia o si tenta lo stesso.
La posta in gioco è estremamente alta. C'è in gioco la vita. Il 27% degli alpinisti che tocca la vetta non torna al campo base (direi che rende l'idea…)
La salita si conclude non in vetta, ma alla fine della discesa… al campo base.

Questa è la storia solita…
Calatela adesso con i nostri personaggi, conosciuti durante la permanenza al campo base, Mazzocchi ha raccolto le loro intenzioni, le loro speranze, i loro sogni…
Uno per uno vengono intervistati… toccante la testimonianza di Stefano Zavka, alla fine, dopo la tragedia, aveva gi à tentato nel 2004 la salita e l'aveva mancata per 200 metri… nel 2007 il secondo tentativo… fatale.

La fatica, le sofferenze, i continui disagi, la partenza nonostante la febbre…
All'inizio la troupe mentre accompagna i primi tre italiani che salgono, uno ha la febbre cercherà di salire domani, scoprono sul ghiacciaio a circa un'ora di cammino dal cmapo base la carcassa di un uomo, che il ghiacciaio ha restituito… uno dei tanti che ha tentato la vetta e non è tornato…

Una valanga li sfiora… i gruppi si separano la troupe torna indietro… gli altri proseguono…

Il tempo cambia, per salire e tentare la vetta servono 4 giorni "Buoni", non ci sono.
Si e no 2… tentano lo stesso. Arrivano in vetta. Gli ultimi 2 alle 18,28, TARDISSIMO!!! Troppo tardi!!!
Occorre scendere subito!
La notte e la bufera fanno il resto…
Tutti arrivano al campo 4, stefano 30 minuti circa dietro, no. Non arriva. Per tutta la notte attendo il suo rientro… era a pochi metri… ma non arriva, e non arriverà… è sceso forse dalla parte sbagliata… la montagna durante la tempesta urla e non ti lascia sentire se non il tuo battito e sei solo in mezzo al vento e alla neve che ti acceca, e ti toglie il poco respiro che a malapena riesci ad avere.
Saliti in quattro, tornati in tre… TREMENDO!
Le comunicazioni fino a tarda notte. Disturbatissime… poi credendoli tutti in salvo al campo 4 Mazzocchi e gli altri vanno riposare… il giorno dopo l'amara scoperta.

Il ritorno è straziante, forse c'è ancora speranza… ma i giorni passano e il tempo non permette di salire a controllare i campi avanzati…

Unica consolazione che stefano ce l'ha fatta… è arrivato a toccare la vetta del Suo K2! Il suo sogno incubo.

I commenti a questa vicenda sono i più disparati, da chi critica aspramente queste persone, per le loro azioni, per lo sprezzo del pericolo, e perché si vanno a cacciare in situazioni da cui è difficile uscirne se qualcosa va storto… a chi per compassione cerca di capire…
C'è chi capisce cosa si prova, l'alpinismo per quanto se ne dica non è uno sport.
Chi pratica alpinismo soprattutto imalajano, sa bene cosa rischia, parliamo di alpinisti, a parte andrebbero trattati i turisti che per la gloria di salire l'Everest pagando 70.000 dollari, forse loro non so se hanno ben chiaro a cosa stanno andando incontro…
Nonostante tutto cercano di mettere da parte i soldi per potersi pagare il viaggio, i visti e tutte le spese connesse all'organizzazione, non tutti sono tanto fortunati da avere sponsor multimilionari…

Eppure sono là a misurarsi con se stessi, non con la montagna, di cui hanno grande rispetto.
La montagna non ha colpa…

Chi sente il fuoco dentro… non resiste, non è come fare una patita a tennis, come qualcuno ha proposto…

Mi piacerebbe che queste cose venissero proiettate, se fosse possibile a orari più normali e fossero una testimonianza di questo tipo di attività , forse molti avrebbero le idee più chiare.

La Rai forse ha paura che non abbiano ascolto, e cali lo Share...
(...... i miei commenti sono tra un punto e l'altro.... )

Non ci resta che pensare che Stefano e chi ha lo ha preceduto ha voluto unirsi alla montagna in un unico abbraccio…

Ciao Stefano.

Fly over Everest (Angelo D'arrigo)

Prima di andare a descrivere quello che è il contenuto del DVD, conviene vedere chi è il personaggio principale che si aggira tra i fotogrammi di questa splendida avventura nei cieli della Sicilia prima e nell'infinito Blu intenso dell'aria rarefatta delle vette Imalayane.
Si tratta di Angelo Darrigo.
Vediamo chi è questo strano e barbuto personaggio…
Parecchie informazioni su di lui e sulla sua scuola di volo l potrete trovare sotto il suo sito:
http://angelodarrigo.com

il cosiddetto uomo delle aquile, Laureato all'università dello sport a Parigi, Ritorna nella sua Sicilia a vivere sotto l'Etna. Dove fonda una società di volo con il deltaplano.
Guida alpina, la sua passione per il volo lo porta a intraprendere studi sulle migrazioni dei rapaci in tutti i continenti, e cosa fantastica stringe un'amicizia profonda con un'aquila che ha iniziato a volare con lui.

Ha effettuato voli in tutti i continenti e collabora con riviste scientifiche e network documentaristici importanti.
Ultima impresa eccezionale, ha volato sopra la vetta dell'Everest, seguendo appunto una delle rotte migratorie Asiatiche.
Personaggio che ama vivere tra le ricerche i suoi viaggi e le sue aquile, apparentemente schivo e poco propenso al grande pubblico, piano piano però è arrivato alla ribalta con le sue imprese e la sua vita particolare, dedicata al volo.

Un rapporto Uomo animale splendido, fatto di fiducia reciproca e di "amicizia", anche se l'aquila la vivrà in modo diverso…

Veniamo adesso a vedere cosa si può vedere durante questo film documentario, è l'avventura dall'inizio, dalla preparazione dei dettagli dall'addestramento di uno splendido esemplare di aquila imalayana, nata in cattività e il tentativo di reintrodurla nel suo ambiente naturale, dove ormai era estinta da molti anni.

Il documentario, supportato da una discreta quantità di informazioni aggiuntive e di filmati sulla realizzazione e sulle caratteristiche tecniche delle attrezzature sofisticatissime, ma nello stesso tempo semplicissime per poter sopportare le tremende condizioni termiche e di vento delle alte quote imalayane, dove nono è permesso nessun errore e un malfunzionamento di qualche apparecchio potrebbe compromettere la riuscita delle riprese e la vita stessa di Angelo.
Quindi tutte le attrezzature vengono studiate a fondo per poter essere il più affidabili possibili, con il minor peso e poco ingombro per le manovre in quota.

Personaggi principali sono appunto Angelo, la sua aquila imalayana che addestra per qualche mese nella sua terra natia, la Sicilia, i voli di ambientamento insieme, l'inizio delle prove per il volo parallelo, la totale amicizia e sincronismo dell'animale con il suo deltaplano.
L'idea poi di portare in Imalaya una seconda aquila, così da poter completare l'esperimento e reintrodurre un maschio e una femmina di Aquila imalayana, e il tentativo di accoppiamento per un futuro ripopolamento; l'arrivo alla base della seconda aquila, il primo istinto di gelosia della prima aquila, gli scontri tra i due volatili, il graduale ambientamento della convivenza tra le due aquile i primi voli a tre, fino ad arrivare al totale movimento armonioso delle figure nel cielo.
Tutto è pronto per partire, vengono caricati gli animali e le attrezzature per poter raggiungere le pendici dell'Everest.
La stagione dei monsoni è alle porte, e i giorni non sono tanti, il tempo è pessimo, occorre aspettare la finestra del tempo buono…
Intanto le aquile patiscono, si ammalano, vengono ricoverate in un laboratorio veterinario per essere curate…
Angelo parte per la parte alta del campo base, dove verranno istituite le attrezzature per seguire il volo durante l'impresa e le parti necessarie a Angelo ed il suo compagno di viaggio, un deltaplano a motore che trainerà quello di Angelo in prossimità della vetta dell'Everest, per poi sganciarsi e autonomamente dovranno rientrare alla base.
Le aquile sono restate ancora in basso…
Una dopo qualche giorno sale al campo avanzato, l'altra non ce l'ha fatta…
Angelo è disperato, deluso dal parziale fallimento dell'impresa, mentre l'altra parte sembra compromessa dalla mancanza di tempo stabile.

Finalmente uno spiraglio di tempo stabile, si tenta…
I due mezzi partono…
Le cose non vanno come previsto…
Un banale incidente rischia di compromettere tutto e Angelo rischia tantissimo…, i due si separano, non si vedono più cercano di scendere come possono…
Poi il nulla, il deltaplano a motore rientra, pensando che Angelo lo stia seguendo, siano solo separati da una nuvola, ma non è così…
Angelo Vola riprende il controllo del mezzo, vola di fianco alla cima, la supara, vola sopra l'eversest, è il primo uomo ad aver sorvolato la vetta più alta del mondo, con un mezzo non a motore.
Cerca un posto per atterrare, no facile visto l'ambiente in cui si trova…

Atterra in una zona leggermente pianeggiante nelle vicinanze della piramide del CNR, dove verrà prelevato tre giorni dopo.
L'impresa è riuscita… non è riuscito il volo con l'aquila, in quanto ancora convalescente è restata a terra.
L'altra aquila è morta in basso, non ha neanche raggiunto il campo avanzato, stroncata da un virus.

Le riprese sono fantastiche, ma nell'analizzare il filmato si scopre una cosa strana… almeno questa ve la lascio scoprire da soli, guardando il documentario.

Fantastica impresa, Angelo Darrigo si sta già preparando per la sua prossima esperienza con il condor…

mercoledì 23 gennaio 2008

Il grande Nord - storia d'amore tra l'uomo e la natura

Il grande Nord

Un film di Nicolas Vanier

Una storia d’amore tra l’uomo e la natura.

53 film festival di Trento Premio del pubblico

Dividiamo la trama del film dalle considerazioni personali nate da questa visione…

Il film narra la storia di un cacciatore, Norman Winther, vero cacciatore, nel film lo stesso Norman interpreta se stesso, uno degli ultimi cacciatori che vive nel grande nord, in Canada, vive a stretto contatto con la natura, immensa, prodigiosa, lo fa da 50 anni, ma il progresso ed il disboscamento stanno creando grossi problemi agli animali e ai cacciatori, gli animali scappano dalle zone che hanno abitato per millenni e i cacciatori a lungo andare sono costretti ad abbandonare il lavoro nella natura per trasferirsi in città e trovare una nuova occupazione che gli permetta di campare.

Il problema c’è ed è reale.

Norman con la moglie Nebaska, un’indiana Nahanni vive in una baita di legno con i suoi sette cani, e periodicamente è costretto a cambiare valle, per la necessità di cacciare, soprattutto d’inverno quando le condizioni climatiche e meteorologiche sono nettamente proibitive.

Ma anche l’inverno hai suoi lati positivi, quando ti trovi a ad una temperatura di -40/-50 gradi centigradi anche la superficie dei laghi diventa percorribile con le slitte trainate dai cani e le piste per raggiungere la città o le valli cirocostanti per cacciare risultano più ditte e più veloci, facendo attenzione che il ghiaccio non sia troppo sottile…

Una vita scandita dal tempo e dalle stagioni, come forse dovrebbe essere la vera vita.

Norman porta alla luce un paradosso, la natura, gli animali stanno scomparendo per la mancanza di cacciatori.

Il paradosso si spiega con la mancanza di equilibrio tra le specie, i cacciatori come Norman, cacciano solo per l’indispensabile, solo per quello che gli serve per vivere, e nulla di più.

Per cui effettua una selezione naturale tra le specie, senza la quale presto una specie prevarrebbe sulle altre facendole estinguere.

La vita nei boschi è dura, tutto va conquistato giorno per giorno, ma impagabile la fusione con l’ambiente circostante, l’armonia tra uomo e natura, fusi in una cosa sola, insieme a tutto il resto, senza confini, se non quelli naturali, terre selvagge in cui vivere e non per essere sfruttate indiscriminatamente.

La nostra caotica civiltà, la volontà, più o meno repressa di vivere stipati in città sempre più nevrotiche e piene di contraddizioni, la continua ricerca della comodità che a lungo andare rimbecillisce gli individui e li rende incapaci di muoversi liberi e gli fa perdere il senso della realtà.

Proprio ieri per caso o per destino con Lu si stava parlando di questo, prima di vedere il film, che per altro non ricordavo nemmeno di avere, il problema sta proprio in questo, nel fatto di voler a tutti i costi avere il controllo sul mondo, il nostro mondo, inteso come possesso, ma il mondo ci sta dimostrando che non è nostro, al limite siamo noi che siamo suoi, il continuo sfruttamento delle risorse naturali, non fanno altro che portarci sul baratro della rovina, spero che la civiltà umana si renda conto nella sua totalità che la terra e la natura non sono fatte per essere sfruttate, ma per essere vissute, prendendo solo quello che serve per vivere, vivremmo molto meglio e le condizioni generali non sarebbero stravolte.

Parole al vento, forse…

La civiltà moderna male si colloca in questo mio ragionamento, difficilmente rinuncerebbe allo sfruttamento per la salvaguardia delle aree verdi, sia alle grandi distese di foreste su al nord o semplicemente quello che sta vicino a casa nostra.

Prevale Il “tutto e subito”, senza fare fatica…

Qualche tempo fa mi sono sentito dare quasi del pazzo, perché mi ostino a riscaldare la casa con la legna che raccolgo personalmente nei boschi, certo costa fatica, secondo un certo ragionamento sarebbe molto più comodo aprire il rubinetto del gas e accendere la caldaia, ma volete mettere il gusto e la gioia di essere nel bosco?

Impagabile…

Prendere solo quello che ti serve per le scorte dell’inverno…

COMODITÀ la parola chiave della società moderna…

Nessuno vuole più fare fatica, di questo passo dove andremo a finire?

Le città sono costruite a misura della razza umana, leggi atte a salvaguardare la vita umana, animali assoggettati all’uomo, senza il quale non sono nulla.

Forse non è corretto tutto questo.

Pensate a quanto è distante la vita caotica e frenetica delle città da quella che si vive fuori, nei grandi spazi, dove tutto si ridimensiona e prende una connotazione più naturale e tranquilla.

Dove non sono così esasperate l’esigenza di far prevalere sull’altro il proprio spazio vitale.

Prendi quello di cui hai bisogno, la natura non si esaurisce in questo modo.

Certo molti di voi non saranno d’accordo su queste affermazioni, ma vi chiedo solamente di pensare a queste parole, rifletteteci e poi traete le vostre considerazioni.

Non voglio che siate per forza della stessa opinione, ma vorrei solo che poneste l’attenzione a quello che realmente è importante, al di là di discorsi retorici.

La natura è nettamente più forte, senza ombra di dubbio, lo dimostrano tutti gli eventi naturali che in questi ultimi anni si stanno verificando; eventi catastrofici a volte imprevedibili e sconvolgenti causati da una speculazione indiscriminata della natura che poi reagisce agli scompensi.

Non so se l’uomo con la sua infinita avidità può essere la causa dell’aumento della frequenza e la forza di questi eventi naturali, che sia stato in grado di prendere indiscriminatamente alla terra, la quale poi non per ripicca, ma per effetto dello scompenso si trova ad avere queste manifestazioni catastrofiche soprattutto nei grandi centri urbani, che si sentono colpiti in modo particolare per la grande densità di popolazione in un minimo spazio.

Forse la razza umana non è così potente come crediamo, forse la natura fa il suo corso comunque, e la nostra irresponsabilità influisce solo in minima parte agli eventi naturali, nonostante tutti i nostri sforzi per depredarla, fatto sta che comunque e dovunque quelli che ci rimettono siamo sempre e solo noi.

La natura è sempre e comunque nettamente ed immensamente più forte.

E se cercassimo di vivere in armonia con lei?

Non pensate che le cose forse potrebbero essere diverse?

Quanto meno saremmo più preparati.

LuBi

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

Contattaci direttamente