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martedì 12 febbraio 2008

Ombre sul ghiacciaio (joe Simpson)

Joe Simson, è un alpinista Inglese le cui vicende sono diventate famose sia per la sua bravura, che per le sue disgrazie, dalle quali ne è uscito fuori sia per fortuna che per la costanza di non arrendersi neanche di fronte alle situazioni più deludenti.
Nato nel 1960, laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Edimburgo, si è sempre dedicato all’alpinismo, lasciando un pochino da parte la sua laurea, viveva molto tempo a Chamonix per poter arrampica sul Monte Bianco, dove una volta in modo molto fortuito, fu vittima di una valanga, che lo trasporto a valle per diverse centinaia di metri, ma il cosa volle che durante la caduta la massa di neve lo ha sballottato dappertutto, ma quando si è placata la sua forza joe era vicino alla superficie e ci mise poco a uscire dalla massa soffocante.
Dopo quell’incidente e molti altri, di minore importanza…. una volta restò appeso alla parete con un compagno, durante la notte perse uno scarpone sulla cengia dove si erano fermati a dormire, e dovette intervenire il soccorso Alpino di Chamonix per recuperarli…
La sua fama internazionale credo la raggiunse nel Giugno 1985, quando con Simon Yates organizzarono una spedizione sulle Ande peruviane e cercarono con successo di raggiungere la vetta del Siula Grande (6536) per la parete Ovest, una parete inviolata.
Da questa spedizione ne uscì parecchio malconcio e in fin di vita, per i dettagli, se vi interessano, ha scritto un libro appositamente su questa esperienza “La morte Sospesa”, se cercate c’è anche il commento a tale libro.
Parlamo ora del libro un questione:
Ombre sul ghiacciaio
Il libro tratta di un argomento particolarmente delicato, che all’epoca dei fatti aveva fatto molto scalpore in ambito alpinistico e non, e aveva sollevato parecchie polemiche e discussione fra le parti in causa.
Nel 1992, il caso specifico a cui si riferisce, ma decine i casi accertati;
Nel 1992, sull’Everest, uno scalatore indiano rimasto solo morì di sfinimento nei pressi del Colle Sud, mentre altri scalatori olandesi gli passavano accanto senza fermarsi, diretti verso la cima.
Joe si chiede, ed insieme a lui ce lo chiediamo in molti… non si poteva fare qualcosa per lui, dal momento che gli olandesi si sono accorti che era ancora vivo… ma non se ne sono curati e lo hanno letteralmente scavalcato sia in andate che al ritorno e il poveretto era ancora vivo anche durante la loro discesa qualche ora dopo, è corretto un tale comportamento?
È auspicabile, quindi perdonabile una tale azione solo con la scusa che dopo una certa quota in mancanza di ossigeno il fisico umano si deteriora al punto da far perdere la ragione all’individuo?
Un motto degli alpinisti è sempre stato quello del mutuo soccorso, se trovi un compagno in difficoltà la prima cosa che cerchi di fare è chiamare soccorsi e comunque presti il primo intervento (chiami prima i soccorsi perché se non ci riesci poi siete in due ad avere bisogno e nessuno lo sa).
Quindi, Altruismo anche in alta quota? Sodalizio alpinistico fasullo oltre i 7900 metri?
Vale solo la vetta a tutti i costi, anche la vita dei nostri compagni?
Il valore della vita umana ha una quota oltre la quale ci si può passare sopra?
Joe simpson, reduce da un’esperienza di abbandono e quasi morte, analizza questi temi in modo dettagliato e profondo, sentendo appunto l’argomento vivo e perenne dentro di sé.
Analisi introspettiva e generale di un mondo alpinistico bacato e non degno di tale nome.
Analizza quanto per la vetta sia più importante della vita umana per certi individui.
I casi sono appunto decine, più o meno noti. Sull’everest ci sono altre 150 cadeveri ancora in balia delle intemperie, molti dei quali lasciati sul percorso ancora vivi...

Leggete il libro e poi traetene le conclusioni che ritenete corrette.

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