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Con nuovi racconti e nuove avventure...

venerdì 11 gennaio 2008

Gran Paradiso - vetta mancata


Gran Paradiso

2/3 Settembre 2000

Partenza per una nuova avventura Bigio, Stefano e Andrea un nuovo elemento per questo genere di salite.
Partenza il 2 Settembre alle 8.00 circa, e dopo giri assai strani, strade sbagliate e tutto il resto arriviamo a Pont (1961 MT) Val Savaranche.
Ci prepariamo, scopro che lo Ste non ha portato nemmeno il fornellino micro! Ci accingiamo a salire al rifugio Vittorio Emanuele (2732 MT), come ci scalderemo la sopra, se non potremo nemmeno preparare un thè o un caffè caldo?.
Sono circa le 14,30 quando, dopo 1 ora e 45 minuti di cammino, arriviamo alla scalinata che conduce al pianoro dove è situato il rifugio.
Una strana moltitudine di persone popola i dintorni; tutti bardati con piccozze e ramponi, zaini più o meno carichi che si incrociano cercando ognuno la propria camerata dove passare la notte, ci dovrebbero essere anche Serghej e Puddu, ma non si vedono da nessuna parte, non sono però i tipi da tirare pacchi, probabilmente arriveranno dopo.
Intanto noi al solito abbiamo monopolizzato una zona sassosa e abbiamo sparso le nostre cose ad asciugare.
Pranziamo e guardiamo il panettone di neve e ghiaccio del Ciarforon (3642 MT), pura bellezza soprattutto la parete nord verticale davanti a noi.
Ne eravamo già rimasti estasiati nel giro precedente al colle del Nivolet
del 15 Luglio 2000 io e Ste.

…..ma torniamo a noi, alla nostra nuova avventura....

... l'acclimatamento a 2700 metri sta per finire, o meglio il tempo a nostra disposizione, se vogliamo piantare la tenda sul colle superiore prima di sera, occorre muoverci; avvertiamo il gestore delle nostre intenzioni e firmiamo un foglio su cui scriviamo dove andiamo, con che itinerario e soprattutto, se non ci vede tornare al rifugio per le 15,00 di domani deve avvertire i soccorsi! (opps)
Si parte per un sentiero che termina ben presto, (abbiamo sbagliato strada!), e ci dirigiamo su per una pietraia veramente instabile, piena di sfasciume, ogni passo avanti ne facevo due indietro, per non parlare delle pietre che quando ci salivi sopra rotolavano da tutte le parti!
La salita è molto ripida, ma si arriva prima alla cima della pietraia, per scoprire che prosegue!, abbiamo fatto una fatica immane a fare questa salita e pensare che continua, non sono molto felice!, ho uno zaino, come dire, da persona previdente, nonostante abbia tolto molta roba, sono lo stesso troppo previdente!.
Stefano si muove a compassione e fa cambio di zaino per un po'.
per alleviarmi un poco la fatica della salita.
Continuiamo a salire, le ore passano fra passaggi in costa a pietroni, seguiamo gli ometti di pietre che quelli prima di noi hanno lasciato sul sentiero, dovrebbero soprattutto servire a quelli che salgono di notte o con la nebbia per ritrovare la strada della discesa.
La bottiglia di Stefano casca rompendo il fondo, così una parte della nostra riserva idrica è sparsa sulle rocce!, fino a domani pomeriggio, non potremo più rifornirci; sul ghiacciaio non c’è acqua, molto paradossalmente ci stai camminando sopra allo stato solido!, ma senza fornellino rimane allo stato solido, vero Ste!.
Sono le 18,30 circa, il sole è quasi all’orizzonte delle vette, e delle nuvole lo stanno per coprire.
La nostra attenzione è richiamata da un tonfo sordo a qualche centinaio di metri sopra la nostra testa, è una frana di sassi belli massicci del peso di una cinquantina di chili l’uno che stanno allegramente saltando sul ghiacciaio, poi sulle pietre, sono sulla nostra verticale…. Si ferma sulla cengia sopra di noi! Meno male, eravamo già pronti a vedere dove sarebbe uscito durante l’ultimo salto, per scansarci dalla parte opposta!.
Nel frattempo arriva Andrea che si era attardato a fare alcune foto, e insieme decidiamo che strada prendere, visto che il costone franato è esattamente sulla verticale del passaggio alla normale, decidiamo di prendere un attimo fiato, poi montati i ramponi ci accingiamo a percorrere gli ultimi metri (circa 150) sul ghiacciaio prima di montare la tenda, metterci al riparo e cenare.
Il sole sta per tramontare bisogna sbrigarsi, appena il sole rimane nascosto da una nuvola la temperatura si fa subito più pungente…
Appena calzati gli scarponi, ho un’amara scoperta… la punta degli scarponi è talmente consumata che in punta l’attacco scappa!, li lego alla meglio e cerchiamo di perdere meno tempo possibile, perché la salita sarà lunga visti i carichi che abbiamo sulla schiena!
Sono le 18.45 ed è l’ultima volta che guardo l’ora … prima di essere in tenda.
Ci inventiamo un passaggio tra le roccette, ormai coperte da uno strato più o meno spesso di vetrato, generato dall’acqua di fusione del ghiacciaio, che dopo il tramonto e l’abbassamento della temperatura si è gelata, sotto il fronte del ghiacciaio vero e proprio che si estende su tutto il canalone del fondo valle.
Attacchiamo lateralmente, ma la traccia che cerchiamo di fare è poco profonda e i ramponi picchiano sopra la roccia che in quel punto è poco profonda rendendo la stabilità molto precaria, decidiamo allora di prendere direttamente la verticale del ghiacciaio, ed è veramente ripida, si sale dritti, rampone destro, rampone sinistro, piccozza, appoggio della mano destra e così via….. fino al colle.
Nel frattempo il sole si è completamente nascosto e si è alzato un vento freddo proveniente da Ovest verso Est, e ci colpisce in piena schiena.
Il vento spazzando violento e gelido, solleva la neve fresca depositata sulla superficie del ghiaccio, la visione di Stefano e Andrea che si sono attardati è di quelle da cartolina.
Mi affretto a raggiungere il colle per trovare un posto riparato dalle valanghe e soprattutto dalla caduta di sassi, siccome di valanghe difficilmente ce ne saranno in quel punto.
Il ghiaccio scricchiola ad ogni passo, e la paura che si apra qualche crepaccio nascosto sotto la neve è sempre presente, perché abbiamo abbandonato la traccia della salita classica e ci siamo avventurati in una landa in cui si vede poco e il vento ci sta spazzando via, siamo slegati e ogni caduta potrebbe avere conseguenze poco piacevoli… ci infiliamo tra una serie di sassi, in pieno vento, ma per lo meno vicino a qualche sasso su cui appoggiare la roba e per ancorare meglio la tenda e i nostri zaini con il materiale.
Ci mettiamo la giacca a vento e iniziamo a montare la tenda, unico riparo possibile, iniziamo scavando uno spiazzo in contropendenza per sistemare la tenda. Ormai è già buio, si ha solo la Frontale di Andrea e tanto freddo, la forza della disperazione ci fa scavare come forsennati, Stefano sta male, ha forti giramenti di testa e poca stabilità si deve sedere per un attimo.
Finalmente la tenda è montata ma i picchetti non servono a nulla con il vento che c’è….. la parte sotto vento la picchettiamo con le piccozze piantate fino a metà manico, oltre non si riesce, il ghiaccio è troppo duro.
Sono letteralmente congelato, non sento più i piedi, a turno prendiamo la nostra roba per la notte e sistemati gli zaini dietro ad una roccia, entriamo in tenda dove ci potremo cambiare e valutare la situazione.
La temperatura grazie al vento è brutalmente cascata sotto lo zero, saremo almeno a 15 gradi sotto zero, ho i baffi congelati, e pensare che mi ero dimenticato di averli, anche la barba non è da meno, mangio i ghiaccioli appesi ai peli dei baffi e cerco di recuperare la roba nello zaino al buio.
Sono le 21.45, quando finalmente riesco ad entrare anch’io nella tenda, mi svesto, mi tolgo le calze e cerco di riattivare la circolazione nei piedi massaggiandoli e mettendoli dentro il sacco a pelo; Stefano sta nuovamente male, due conati di vomito lo fanno stramazzare sul fondo della tenda, e ci ricorda, visto quello che sta patendo, soprattutto per il freddo, che se gli venisse la malsana idea di salire qualcosa in Himalaya siamo autorizzati a picchiarlo per farlo rinsavire, forse siamo saliti troppo in un giorno solo, lui è partito dal mare e siamo a circa 3300 mt. (quando il massimo dislivello consigliato per il primo giorno dovrebbe essere di meno di 1000 mt).
Altra amara scoperta…. Dopo essermi tolto praticamente tutto, scopro che non ho preso tutto il necessario per la notte, valuto bene se è veramente necessario andare a prenderla?, ….si è necessario, ho bisogno di una maglia per la pelle e quella che ho indosso è molto bagnata.
Mi rivesto con molta fatica, perché la tenda è piccola (da 2 in 3, e che tre!), lo spazio è poco e in più ho un crampo alla mano sinistra che mi rende le operazioni complicate, in compenso ho i piedi caldi!
Mi metto la tuta impermeabile, gli scarponi e apro la tenda, una ventata gelida e violenta si fa strada tra i lembi della tenda, esco e cercando di non cadere, sono senza ramponi e di non inciampare in qualche tirante della tenda raggiungo il mio fedele zaino che giace già sotto un leggero strato di neve, recupero la roba e mi tuffo nuovamente nella tenda, deciso a non uscire per nessun motivo, nemmeno per andare ad espletare alcuni bisogni fisiologici!
Ci mettiamo nei sacchi e ci addormentiamo quasi subito, nonostante il vento soffi impetuoso e non abbiamo niente nello stomaco, l’idea infatti era quella di scaldarsi un poco e poi mangiare qualcosa, ma la stanchezza ha avuto il sopravvento…. All’una mi sveglio e metto la macchina fotografica in fondo al sacco a pelo, così non gela la pila e magari domani riesco a fare qualche foto.
Gli scarponi sono accoccolati in fondo ai piedi, dentro la tenda, per evitare che gelino troppo (lo saranno lo stesso!), la temperatura supera i –20 °C e il vento non si placa fino alle 5.00 del mattino, dopo l’una , è tutto un dormiveglia generale, tra il freddo e lo spazio esiguo, crampi e indolenzimenti, ci si gira tutta la notte.
Le prime luci dell’alba portano anche un abbassamento del vento, il tempo è bello, ma freddo, esitiamo nei sacchi a pelo, quando ci decidiamo è veramente tardi, tentiamo lo stesso, ma dopo aver disfatto il campo e preparati gli zaini per la discesa dopo, calziamo nuovamente i ramponi e ci accingiamo a fare la prima rampa, ma appena partiti, in prossimità della traccia segnata, il rampone sinistro si rompe, e decidiamo di rinunciare alla vetta, non saremo mai di ritorno per le 15.00!
Scendiamo legati, per evitare sorprese, e nello scendere il presagio della sera precedente prende corpo, fuori dalla traccia segnata, sotto una coltre di 15 cm di neve fresca c’è un crepaccio aperto con una bocca di circa 50 cm, pochi, ma se ci finisci dentro sono tutti cavoli tuoi e di chi ti deve tirare fuori!, e non sai quanto è fondo finché non ci arrivi.
Riprendiamo la traccia e scendiamo tranquilli e piano piano torniamo al Vittorio Emanuele dove ci rilassiamo e finalmente incontriamo Puddu e Serghej e due loro amici, che avendo sbagliato strada, si sono trovati a fare la salita dalla parte Nord-Est, molto più crepacciata, poi segue la discesa a Pont in una splendida giornata, la solita Birra, e belli ustionati in viso torniamo a casa.

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