Il grande Nord
Un film di Nicolas Vanier
Una storia d’amore tra l’uomo e la natura.
53 film festival di Trento Premio del pubblico
Dividiamo la trama del film dalle considerazioni personali nate da questa visione…
Il film narra la storia di un cacciatore, Norman Winther, vero cacciatore, nel film lo stesso Norman interpreta se stesso, uno degli ultimi cacciatori che vive nel grande nord, in Canada, vive a stretto contatto con la natura, immensa, prodigiosa, lo fa da 50 anni, ma il progresso ed il disboscamento stanno creando grossi problemi agli animali e ai cacciatori, gli animali scappano dalle zone che hanno abitato per millenni e i cacciatori a lungo andare sono costretti ad abbandonare il lavoro nella natura per trasferirsi in città e trovare una nuova occupazione che gli permetta di campare.
Il problema c’è ed è reale.
Norman con la moglie Nebaska, un’indiana Nahanni vive in una baita di legno con i suoi sette cani, e periodicamente è costretto a cambiare valle, per la necessità di cacciare, soprattutto d’inverno quando le condizioni climatiche e meteorologiche sono nettamente proibitive.
Ma anche l’inverno hai suoi lati positivi, quando ti trovi a ad una temperatura di -40/-
Una vita scandita dal tempo e dalle stagioni, come forse dovrebbe essere la vera vita.
Norman porta alla luce un paradosso, la natura, gli animali stanno scomparendo per la mancanza di cacciatori.
Il paradosso si spiega con la mancanza di equilibrio tra le specie, i cacciatori come Norman, cacciano solo per l’indispensabile, solo per quello che gli serve per vivere, e nulla di più.
Per cui effettua una selezione naturale tra le specie, senza la quale presto una specie prevarrebbe sulle altre facendole estinguere.
La vita nei boschi è dura, tutto va conquistato giorno per giorno, ma impagabile la fusione con l’ambiente circostante, l’armonia tra uomo e natura, fusi in una cosa sola, insieme a tutto il resto, senza confini, se non quelli naturali, terre selvagge in cui vivere e non per essere sfruttate indiscriminatamente.
La nostra caotica civiltà, la volontà, più o meno repressa di vivere stipati in città sempre più nevrotiche e piene di contraddizioni, la continua ricerca della comodità che a lungo andare rimbecillisce gli individui e li rende incapaci di muoversi liberi e gli fa perdere il senso della realtà.
Proprio ieri per caso o per destino con Lu si stava parlando di questo, prima di vedere il film, che per altro non ricordavo nemmeno di avere, il problema sta proprio in questo, nel fatto di voler a tutti i costi avere il controllo sul mondo, il nostro mondo, inteso come possesso, ma il mondo ci sta dimostrando che non è nostro, al limite siamo noi che siamo suoi, il continuo sfruttamento delle risorse naturali, non fanno altro che portarci sul baratro della rovina, spero che la civiltà umana si renda conto nella sua totalità che la terra e la natura non sono fatte per essere sfruttate, ma per essere vissute, prendendo solo quello che serve per vivere, vivremmo molto meglio e le condizioni generali non sarebbero stravolte.
Parole al vento, forse…
La civiltà moderna male si colloca in questo mio ragionamento, difficilmente rinuncerebbe allo sfruttamento per la salvaguardia delle aree verdi, sia alle grandi distese di foreste su al nord o semplicemente quello che sta vicino a casa nostra.
Prevale Il “tutto e subito”, senza fare fatica…
Qualche tempo fa mi sono sentito dare quasi del pazzo, perché mi ostino a riscaldare la casa con la legna che raccolgo personalmente nei boschi, certo costa fatica, secondo un certo ragionamento sarebbe molto più comodo aprire il rubinetto del gas e accendere la caldaia, ma volete mettere il gusto e la gioia di essere nel bosco?
Impagabile…
Prendere solo quello che ti serve per le scorte dell’inverno…
COMODITÀ la parola chiave della società moderna…
Nessuno vuole più fare fatica, di questo passo dove andremo a finire?
Le città sono costruite a misura della razza umana, leggi atte a salvaguardare la vita umana, animali assoggettati all’uomo, senza il quale non sono nulla.
Forse non è corretto tutto questo.
Pensate a quanto è distante la vita caotica e frenetica delle città da quella che si vive fuori, nei grandi spazi, dove tutto si ridimensiona e prende una connotazione più naturale e tranquilla.
Dove non sono così esasperate l’esigenza di far prevalere sull’altro il proprio spazio vitale.
Prendi quello di cui hai bisogno, la natura non si esaurisce in questo modo.
Certo molti di voi non saranno d’accordo su queste affermazioni, ma vi chiedo solamente di pensare a queste parole, rifletteteci e poi traete le vostre considerazioni.
Non voglio che siate per forza della stessa opinione, ma vorrei solo che poneste l’attenzione a quello che realmente è importante, al di là di discorsi retorici.
La natura è nettamente più forte, senza ombra di dubbio, lo dimostrano tutti gli eventi naturali che in questi ultimi anni si stanno verificando; eventi catastrofici a volte imprevedibili e sconvolgenti causati da una speculazione indiscriminata della natura che poi reagisce agli scompensi.
Non so se l’uomo con la sua infinita avidità può essere la causa dell’aumento della frequenza e la forza di questi eventi naturali, che sia stato in grado di prendere indiscriminatamente alla terra, la quale poi non per ripicca, ma per effetto dello scompenso si trova ad avere queste manifestazioni catastrofiche soprattutto nei grandi centri urbani, che si sentono colpiti in modo particolare per la grande densità di popolazione in un minimo spazio.
Forse la razza umana non è così potente come crediamo, forse la natura fa il suo corso comunque, e la nostra irresponsabilità influisce solo in minima parte agli eventi naturali, nonostante tutti i nostri sforzi per depredarla, fatto sta che comunque e dovunque quelli che ci rimettono siamo sempre e solo noi.
La natura è sempre e comunque nettamente ed immensamente più forte.
E se cercassimo di vivere in armonia con lei?
Non pensate che le cose forse potrebbero essere diverse?
Quanto meno saremmo più preparati.
LuBi
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