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venerdì 11 gennaio 2008

Malato di montagna (Kammerlander Hans)

Ho finito di leggere “malato di montagna” di Hans Kamerlander
In cui racconta le sue esperienze in montagna.
Ci sono alcune precisazioni che mi fanno male.
Alcune attribuzioni direi illecite e contraddittorie.
Ma a parte questa mia opinione personale, passiamo ad un analisi del libro.
Hans Kamerlander, discepolo di Reinold Messner, con cui ha scalato 8 dei sui 12 Ottomila (all’epoca del libro).
Ora con 13 ottomila in tasca, manca solo il Manaslu, Hans ha dichiarato ufficialmente di non volerlo salire e restare a quota 13 ottomila.

Nel 1991, infatti, durante una spedizione su quella montagna i suoi amici e compagni Karl Grossrubatscher and Friedl Mutschlechner persero la vita.

«Non ha senso riaprire le ferite tornando su quella vetta» - ha detto Hans. «Posso vivere benissimo con solo 13 ottomila. Ci sono tante bellissime montagne nel mondo che posso scalare. Non il Manaslu».

Libro interessante e scorrevole, scritto di getto durante un periodo di forzata convalescenza e ai campi base degli ottomila da scalare; scritto fluido e descrittivo, tralasciando i dettagli a volte sfiancanti delle varie salite concentrandosi sui particolari salienti.
Non tanto i contenuti, frutto delle sue intense esperienze alpinistiche, quanto per l’ideologia che porta avanti, in quanto discepolo di Messner ne elogia le qualità, che a mio parere non sempre sono “pulite”, in quanto rimprovera gli alpinisti di “sporcare le montagne”, soprattutto gli ottomila… tralasciando il fatto che le sporcizie su quelle vette ci sono arrivate grazie alle spedizioni commerciali, che gli sponsor tanto lautamente finanziano… e chi ha portato i grandi guadagni con gli sponsor nel mondo dell’alpinismo? Il nostro caro amico Messner, che predica bene e razzola male…
Certo anche lui molto democraticamente è contro le cordate commerciali, che trascinano in vetta un normale cittadino, solo perché si può permettere di pagare 70.000 dollari per il diritto di scalare la vetta…, ma molto democraticamente ha anche affermato che non è necessario che gli altri arrivino sulla vetta degli ottomila… c’è già arrivato lui… mi sembrano frasi un pochino forti…

Intendiamoci io stimo moltissimo Messner per le sue imprese, condivido un pochino meno il suo stile a suo dire “Alpino” (tentare la vetta con tutta l’attrezzatura necessaria sulle spalle, attrezzando i campi successivi al campo base di volta in volta, progressivamente, senza l’installazione di corde fisse), ma comunque è e resta un grandissimo alpinista.
Diamo i meriti a che se li merita.
Tornando al libro di Kamerlander, racconta come si è avvicinato alle montagne, a soli 8 anni, ha salito il suo primo tremila marinando la scuola, lui sempre vissuto in montagna fino a quel momento aveva sempre guardato con sguardo reverenziale le sue montagne di casa, pensando e vedendole come un limite insormontabile, poi con il passare del tempo le vette si sono avvicinate alla sua vita e man mano ha spostato lo sguardo sempre più in alto arrivando a conquistare le vette imalayane.
Hans Kamerlander Maestro di sci e guida alpina ha unito le tecniche dello sci estremo alle vette imalayane, cercando di salirle in stile alpino e scenderne le pendici con gli sci, dove era possibile l’operazione.
Un Bel libro.
Ps. La cosa che mi è spiaciuta, e ho citato all’inizio dell’opinione è il fatto che nella primavera del 1986, quando Messner ha raggiunto il traguardo dei suoi 14 ottomila, esistevano ancora delle pareti non risolte, non salite perché ritenute troppo difficili, tra queste la parete sud Del Lotse. Montagna di fianco all’Everest.
Per scalare questa impressionante parete, Reinold con la collaborazione di Hans Kamerlander organizzarono una psedizione Internazionale alla quale invitarono il fior fiore degli alpinisti sul mercato, ma non invitarono il numero due, Jerzy Kukuczka, che dimostrò nella corsa agli ottomila, di arrivare si secondo a pochi mesi da Messner, ma di metterci 8 anni a fare quello che Messner ha fatto in 16.
Jerzy Kukuczka morì proprio su quella parete pochi mesi dopo che la spedizione internazionale aveva fallito per il troppo nazionalismo e per la voglia di arrivare in vetta da parte di tutti che ad un certo punto non collaborarono più per il fine comune, anzi si contrastarono per l’invidia di arrivare in vetta.

(presente anche su www.ciao.it)

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