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giovedì 7 febbraio 2008

Tra zero e ottomila - Kurt Diemberger


Kurt Diemberger è nato a Salisburgo in Austria nel 1932, ma da molti anni risiede a Calderino di Monte S. Pietro (Bologna).

Alcuni cenni storici importanti per inquadrare il personaggio:

Unico alpinista vivente ad avere 2 Prime sugli ottomila.
L’altro alpinista che potrebbe vantare questo primato è il mitico Hermann Buhl, scomparso sul Chogolisa nel 1957, proprio con Diemberger, durante il tentativo della vetta dopo aver raggiunto la vetta in prima assoluta del suo secondo 8000 il Broad Peak (8047 m.) insieme a Diemberger e Wintersteller and Schmuck, oltre al Nanga Parbat (8125 m.) raggiunto in solitaria nel 1953, persino contro il volere del suo capo spedizione Karl Herrligkoffer.
Diemberger poi raggiunse la vetta del Dhaulagiri (8167 m.) in prima assoluta senza ossigeno nel 1960 con lo sherpa
Nawang Dorjee, Nima Dorjee e Diener, Forrer, Schelbert, Il 23 maggio fu la volta di Weber e Vaucher.

Complessivamente ha raggiunto 5 vette oltre gli ottomila :Broad Peak, Dhaulagiri, Everest, K2, Makalu, durante il periodo della corsa ai 14 ottomila, poi però non essendo interessato alla gara, si dedicò ad altre attività.
Personaggio di elevata sensibilità particolarmente legato al K2, montagna che lo ha stregato dal primo momento che la vide, Montagna che nel 1986 gli portò via la sua compagna di salite l’inglese Julie Tullis, insieme ad altri 4 alpinisti che si trovavano oltre quota 8000 e una bufera di neve li bloccò e morirono disidratati e per edema cerebrale.
Lo stesso Diemberger riportò gravi conseguenze per il congelamento delle mani e piedi, perse un dito della mano.

È stato uno dei primi a portare in Imalaya lo “stile alpino Occidentale” (inventato da Buhl) e le salite senza ossigeno, stile che consiste nel portare sulle proprie spalle tutto il materiale necessario per allestire i campi avanzati sulla montagna da scalare senza l’uso di portatori e l’installazione di corde fisse preventive.
Per una coincidenza sfortunata, anni fa ho perso un’occasione di conoscere Kurt, era venuto vicino al mio paese a tenere una conferenza e la proiezione di alcune delle sue memorabili diapositive e a raccontare qualche suo pezzo di vita montana e non…
Unico alpinista straniero che possa vantare di essere stato insignito del titolo di “socio onorario del CAI ” (Club Alpino Italiano).
Ha scritto molti libri, nei quali racconta le sue esperienze, la tragedia del 1986 sul K2, dedicandogli un libro intero, “K2 il nodo infinito”.
Ha scritto anche
- “Gli spiriti dell’aria” edito dalla Vivalda editore.
- “Tra zero e ottomila” Mondatori editore
- “K2 il nodo infinito - Sogno e destino” che ha vinto il premio Itas per la letteratura di montagna.

Cineasta d’alta quota, conosciuto a livello internazionale, ha girato parecchi film e documentari sulle montagne più alte e selvagge del mondo, ed essendo anche un ottimo alpinista riusciva a seguire le cordate fino alla vetta con la telecamera (che all’epoca in cui ha iniziato non erano poi così leggere).
Nel 1978 è salito sull’Everest, realizzando il primo film con sonoro sincrono dalla vetta. All’Everest è tornato poi per realizzare il film “A due passi dalla cima” sul tentativo all’inviolata parete Est, per il quale gli è stato assegnato un “Emmy”, il prestigioso premio americano.

Ripetutamente è tornato al K2, dove ha realizzato quattro film.
Anche qui nel 1989 ha vinto la Genziana d’Oro al Filmfestival di Trento con il film “K2 – sogno e destino”.

Cosa si può ancora dire di un personaggio straordinario, che in passato e ancora oggi a volte sfida tutti e va a cercare cristalli sulle pendici del Monte Bianco, Un personaggio grande, grandissimo, proprio per aver vissuto abbastanza nell’ombra, senza tanti clamori, cercando soprattutto la pace interiore, necessarie per le sue scalate, e per riuscire ad essere quello che è.

Veniamo adesso al suo libro Tra ZERO E OTTOMILA.

Di cosa tratta il libro…

Questa è la presentazione della casa editrice:

Le montagne e le avventure di Kurt Diemberger. Una libertà che appartiene all'essenza dell'alpinismo.

Trama
I primi passi sulle Alpi austriache, la roccia delle Dolomiti, le grandi vie delle Alpi, l'Hindu-Kush, la Groenlandia, la conquista del Broad Peak con Hermann Buhl, le salite all'Everest attraverso gli occhi di un grande alpinista: Kurt Diemberger. Tra zero e ottomila, appartiene a quell'esigua schiera di libri di alpinismo - meglio, di montagna, che a distanza di anni dallo loro prima apparizione riescono ancora a provocare nel lettore emozioni profonde. Non sono solo i luoghi a fare di questo libro un piccolo, gustoso viatico da tenere sul comodino. Dietro la fuga verso le montagne, le lunghe pedalate sulla bicicletta del nonno, l'avventura ad alta quota, si annida quella potente pulsione di libertà che appartiene all'essenza dell'alpinismo.

È un libro completo con buona parte delle sue salite importanti e delle sue prime avventure, che dopo gli studi lo hanno allontanato dal mondo del normale lavoro, per inseguire gli spiriti dell’aria e vivere come un Nomade, colto e pronto a qualsiasi esperienza si presentasse alla porta con l’irrequietezza tipica di un bambino che vuole mangiare il gelato… tutto e subito.
Mi ricordo in uno dei suoi scritti, quando menziona la moglie, la seconda, che non ama più di tanto le montagne, ma è costretta ad accettare l’assenza del marito, che per frenesia DEVE andare in montagna, DEVE tornare sulle Sue vette, altrimenti potrebbe morire di solitudine…
Così iniziavano i suoi viaggi Imalayani della durata di qualche mese…

Una serie di storie vere, fatta di solitarie sulle alpi, che farebbero impallidire al solo pensiero…

Riprende i racconti degli spiriti dell’aria… o meglio qui li scrive e poi li riprende nel libro successivo, “Gli spiriti dell’aria ” appunto…

l'Hindu-Kush, prima spedizione di due alpinisti alla grande muraglia del colosso del Tirich Mir con ben diciannove campi sulla parete.

la Groenlandia, sperienza quasi mistica di Kurt dove spazia sulle immense distese di neve e ghiaccio che si gettano in mare dai fiordi a picco sul mare per mille metri…

la conquista del Broad Peak con Hermann Buhl, descritta nella prima parte della recensione e fase importante per la vita di Kurt, dove Hermann Buhl, da li a poco trovera la morte sul Chogolisa.

Il Dhaulagiri (8167 m ) sua seconda vetta quota ottomila raggiunta in anteprima e senza ossigeno (all’epoca era la più alta quota mai raggiunta senza ossigeno)

Aggiungendo alcuni episodi della sua primavera alpinistica…

Gli Alti Tauri vicino alla sua Salisburgo…le prime salite da ragazzo,

la roccia delle Dolomiti, le vie classiche e exploit inediti, la scalata della “Grande Meringa ” sul Gran Zebrù, il superamento della massima difficoltà su ghiaccio dell’epoca… attualmente non più ripetibile a causa del crollo totale della cornice che componeva la “grande meringa”.

le grandi vie delle Alpi
Nord del Cervino raggiunta con la bicicletta del nonno,
La Nord dell’Eiger nel 1958 salita in due giorni durante una bufera di neve e nella nebbia… esperienza da non ripetere a detta sua…
La nord delle Grandes Jorasses per il mitico sperone Walker.
Chi non faceva le tre nord all’epoca non era considerato in ambito alpinistico seriamente…

La Noir sull’Aguille Noire du Peuterey nel gruppo del Monte Bianco… 5 giorni in parete con una serie di temporali che li hanno massacrati a furia di Fulmini, tutti sono stati colpiti almeno una volta…

La morte dell’amico al dente del gigante sempre nel Gruppo del monte Bianco.

Kurt è una persona buona e generosa, fantasticamente carismatica, anche se probabilmente non lo desisdera più di tanto…che non si vanta di nulla, proprio per questo provo un forte senso di riconoscenza per quello che sa dare nei suoi libri e detto da persone che hanno avuto l’occasione di conoscerlo dal vivo (io l’ho mancato per un soffio…) sa infondere con i suoi racconti e le sue diapositive.

Consiglio… se vi capitasse di leggere un suo Libro non lasciatevi scappare l’occasione. Credo che ne resterete soddisfatti.

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